La Profezia della Curandera di H. H. Mamani ha rappresentato un punto di passaggio nel percorso di riscoperta di noi stessi che abbiamo voluto iniziare prima del nostro viaggio.
In breve
Da bambina Kantu viene colpita da un fulmine che, anziché ferirla o ucciderla, le conferisce il dono della preveggenza[1]. La protagonista viene sopraffatta dalle proprie visioni e dagli avvenimenti non sempre positivi che scorge nel futuro di chi la circonda. Essendo troppo giovane per gestire un dono del genere decide di rivolgersi al curandero del suo villaggio, Anselmo, chiedendogli di “guarirla” dalla sua capacità e di farla tornare “normale” – operazione che sembra darle una parvenza di sollievo.
Kantu è figlia di contadini indios ma a tutti gli effetti cittadina di Cuzco, l’antica capitale dell’impero Inca. Kantu cresce, studia, diventa una bellissima donna, vive come tutti gli altri giovani della sua età e come loro si innamora.
Il giovane Juan le fa perdere la testa come nessuno aveva mai fatto prima. Ben presto però il ragazzo inizia a rivelarsi per quello che è: uno spirito fin troppo libero per potersi legare ad un solo posto e ad una sola donna. Juan è spesso via per lavoro e non passa molto tempo prima che Kantu scopra che, per quanto sempre infatuato di lei, frequenti altre donne.
Kantu è disperata. Chiede spesso consiglio al curandero che l’aiutò da bambina, Anselmo, sperando che riesca a vedere nelle foglie di coca un matrimonio felice con Juan, ma i presagi non sono affatto positivi.
Resasi finalmente conto che la sua natura, quella che anni prima aveva cercato di reprimere, potrebbe aiutarla ad esaudire i suoi desideri d’amore verso il giovane, Kantu accetta l’invito del curandero di rivolgersi a Condori, curandero ancora più potente e maestro di Anselmo. Kantu non ha più niente da perdere e dopo aver risparmiato un po’ di soldi per potersi permettere di lasciare il lavoro per qualche tempo – nel frattempo ha finito gli studi ed è diventata insegnante – decide di partire.
Inizia così il percorso di questa giovane donna alla scoperta del coraggio, della saggezza antica dei suoi avi e dei misteri della natura. È un percorso che si rivela molto difficile, che la porta spesso a tu per tu con la morte. Un percorso di disciplina, costanza, esercizio, fiducia e soprattutto amore, per superare ogni paura e scoprire sé stessa.
Cosa ci è piaciuto di più
La Profezia della Curandera è la celebrazione dell’essere femminile e dei suoi immensi poteri, di cui ben pochi sono oggi consapevoli. La stessa protagonista, Kantu, ignora completamente ciò che potrebbe essere in grado di fare, arrivando a ripudiarlo. Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna? No. H. H. Mamani va ben oltre con questo libro:
“Finchè nel cuore della donna continuerà a brillare la luce dell’amore il mondo sarà salvo, ma se quell’amore scemerà, allora l’odio e l’indifferenza dilagheranno e finiranno col distruggerlo”
Cosa ci è piaciuto di meno
Dobbiamo ammettere che la storia d’amore qui raccontata non è sicuramente delle più originali. È la classica vicenda della ragazza che si innamora del ragazzo sbagliato e soffre per essere rifiutata e tradita. Forse la trama avrebbe potuto sviluppata in modo migliore?
La Profezia della Curandera rimane comunque un bellissimo viaggio interiore che spinge a riflettere sul modo in cui viviamo e, soprattutto, su come gestiamo le nostre relazioni e le relative dinamiche di potere.
Lo consigliamo a…
Sicuramente a tutti, uomini e donne. Senza dubbio le donne lo troveranno particolarmente interessante identificandosi con il personaggio principale. Tuttavia, consigliamo questo libro anche gli uomini che desiderano avere uno strumento in più per comprendere meglio il mondo femminile. In generale, essendo questa la storia di una donna che riscopre la propria natura ristabilendo il legame con la sua cultura e apprendendo pratiche sciamaniche, consigliamo La Profezia della Curandera a chiunque sia interessato a questo mondo e creda nel grande potenziale delle popolazioni indigene.
Considerazioni finali
Come ci avverte H. H. Mamani, quella di Kantu è una storia accaduta realmente. Ogni essere umano, uomo o donna che sia, dovrebbe avere la possibilità di intraprendere questo percorso. Si tratta di un viaggio dentro e fuori di sé, per scavare nel profondo e comprendere il legame inscindibile che ci lega alla Natura (Pachamama), di cui siamo un lucente frammento.
[1] Come ci ricorda lo stesso Mamani, secondo la tradizione andina coloro che vengono colpiti da un fulmine – chiamati Alto Misayoq – sono destinati a divenire grandi sacerdoti. Il “rito di passaggio” consiste nell’essere colpiti da tre fulmini consecutivi per cui il primo uccide, il secondo disintegra il corpo e il terzo infine lo ricompone. Tratto da Approfondimenti sulla Spiritualità Andina, H. H. Mamani
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